La "Quaremma"

Con l’avvento del Cristianesimo, subito dopo il  Carnevale inizia  il periodo di 40 giorni che precede la Pasqua, periodo di penitenza e di sacrifici.

 

 In questo periodo, sulle terrazze delle abitazioni di alcuni comuni salentini compariva La “Quaremma”.

Il mercoledì delle Ceneri, quando ormai le festività carnevalesche erano finite. Veniva comunque sempre collocata in posizione ben visibile, in modo che tutti, guardandola, fossero spinti alla penitenza e al sacrificio, propri della Quaresima.

Si trattava di un pupazzo di paglia con le sembianze di una strega, brutta, vecchia, vestita a lutto, il capo coperto dal fazzoletto nero.

Anche oggi, nel giudicare una donna sciatta e poco femminile, si usa dire: “Pare na quaremma!”. 

La Quaremma, tra le mani, reggeva il fuso e la conocchia, cioè la lana da filare: simboli del tempo che trascorre.

Ai suoi piedi o all’altezza della cintola aveva un’arancia selvatica, una “marangia”, che con il suo sapore acre rappresenta la sofferenza, o una patata o una melograna, nella quale erano conficcate sette penne, che scandivano le sette settimane che intercorrono, dal mercoledì delle Ceneri alla domenica di Pasqua.

Il suo aspetto truce, non curato, era un modo per esorcizzare la paura delle carestie, molto frequenti nei mesi di marzo e aprile, della morte, delle malattie e anche di essere in tema con la Quaresima, periodo di penitenza.

Ogni settimana che passava, le veniva tolta una penna.

Alla fine, il mezzogiorno del Sabato Santo, momento in cui fino alla metà degli anni ’50 del 1900 si celebrava la Resurrezione di Gesù, ciò che era rimasto del pupazzo veniva bruciato o semplicemente distrutto: la penitenza era finita, via libera ai banchetti e al divertimento.

Ancora oggi è possibile trovare al Quaremma su qualche terrazzo...a Martano mi è capitato di vederla ;)